Perché il Museo Nazionale Storico degli Alpini valorizza uno spazio dedicato alle stufette della grande guerra?
Sulla 1° guerra mondiale sono state scritte infinite pagine su qualsiasi argomento o atto di eroismo.
Sembra quindi ripetitivo, parlare ancora di grande guerra e, come se non bastasse, focalizzare l’attenzione su “banalissime” stufette, ma non lo è.
Giugno 2015 Comelico (BL), una giornata come tante altre dedicate al sopralluogo nelle trincee della 1° guerra mondiale per cercare di capire, se mai fosse possibile, l’assurdità della guerra, i sacrifici che hanno dovuto sopportare i soldati in trincea e per conoscere le opere realizzate dai nostri nonni durante i lunghi mesi passati al freddo ed al gelo… in attesa dell’ennesimo assalto che avrebbe portato via loro, anche la VITA.
Come al solito dotati di Metaldetector, strumento che, con il suo amato bip..bip.., segnala la presenza di una gavetta, di un elmetto, o di altri poveri suppellettili da sottrarre all’oblio del tempo, dopo aver smosso qualche centimetro di foglie, sassi e terra accumulati in 100 anni, permettendo così di riportare in vita i reperti storici, testimoni attendibili di quanto lì è accaduto, per “NON DIMENTICARE”.
Reperti storici che, una volta puliti e restaurati, saranno esposti nei musei, nelle mostre di guerra e nelle serate in cui si racconta la grande guerra od in visione nelle scuole, per far conoscere ai ragazzi ed a chi vuol inoltrarsi e capire, quale disgrazia sia la guerra per l’umanità e quale rispetto dobbiamo alla memoria di chi ha combattuto sacrificando la propria gioventù e, troppo spesso, anche la vita per la patria o per l’heimat perché, a prescindere da quale parte combattevano, le trincee sono tutte degne di enorme rispetto.
Stavolta però, il bip..bip.. è diverso, bip..bip.. bip..bip.. bip..bip.. il metaldetector squilla imperterrito, impazzito, cosa ci sarà di così grande lì sotto?
Dopo aver smosso una montagna di foglie, sassi e terra, appare il tipico colore del ferro arrugginito.. ma stavolta tutto avvolto, coperto e riparato, con un amore sorprendente da antichi resti di foglio catramato, come fosse un bimbo accudito dalla madre per proteggerlo dalle intemperie.
Piano piano esce dalla terra, pesa, si asportano i resti del foglio catramato, quasi vergognandosi per aver osato violare questa inviolata tomba di ghisa e catrame che, finalmente, rivede la luce e torna in vita, dopo 100 anni di terra e silenzio, ma cos’era per essere considerata dai soldati così preziosa?
È una minuscola stufetta di guerra intatta a 2 fuochi numero 0 in ghisa fusa, dalle Fonderie NECA di Pavia.
Superata la sorpresa e la gioia per il prezioso rinvenimento, sorge una domanda, perché era qui? perché era coccolata in quel modo?
Immersi nei libri per conoscere i fatti lì accaduti e poi, su di nuovo, in trincea ad esplorare nuovamente, … ne esce un'altra, sempre sepolta con grande cura… non basta, escono 2 badiletti italiani dell’allora dotazione individuale, marchiati 24° Reggimento Fanteria, manico volutamente segato a mano oltre cento anni fa, appena sopra il bordo in ferro del badiletto, perché?
Finalmente è chiaro, abbiamo ritrovato le cucine di guerra del 24° Reggimento, Brigata “COMO”, in linea nel 1917, dalla Croda Rossa ad oltre il colle di Montecroce Comelico, 1° guerra mondiale, una miniera di reperti storici, tutti sepolti con cura, non dal tempo, ma dai soldati Italiani.
Perché ragazzi avete sepolto? …Ci si chiede in doveroso silenzio.
La risposta si trova scritta nei libri dello Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico: la 12a Offensiva Dell’Isonzo, la Battaglia Di Caporetto.
I soldati italiani, prima di ritirarsi nelle disperate linee di resistenza del Montegrappa, consci che, solo qualche ora li separava dalla “vendetta” delle mitragliatrici germaniche e austroungariche che i soldati Imperiali non vedevano l’ora di scaricare loro addosso, predando tutto ciò che era possibile, hanno trovato il tempo di scavare, seppellire con cura, distruggere dotazioni, armi e munizioni per non lasciare nulla al nemico, un atto di enorme coraggio.
Ma non tutti la pensavano così.
Generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano in primis:
28 ottobre 1917 BOLLETTINO DEL COMANDO SUPREMO ITALIANO
"…La mancata resistenza di reparti della 2ª armata vilmente ritiratisi senza combattere, o ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla Fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all'avversario di penetrare nel sacro suolo della patria.
Firmato GENERALE LUIGI CADORNA
I soldati non sono scappati
Le prove del loro coraggio sono giunte sino a noi, grazie agli scavi intrapresi e, tuttora in corso, nelle antiche trincee e nei baraccamenti di tutto il “fronte”.
Ritrovamenti di stufe di guerra, soprattutto italiane, sono segnalati su tutto il “fronte” di allora da Caporetto a Tolmino, sino all’Hermada, passando per l’altopiano di Asiago e su nel bellunese fino alle Alpi carniche.
Le stufette, in particolare, si trovano sia intere, sepolte con amore materno e sia spaccate in svariati pezzi, con tutta evidenza, con rabbia usando la mazza da 5 - 10 kg, a far loro compagnia si trovano resti di armi, munizioni e tutte le suppellettili: badili, gavette ecc…non lasciamo nulla al nemico… è “roba nostra”.
Certo, si sono ritirati ma con la volontà di “ritornare”, a riprendere quanto sepolto con estrema cura per poterlo “riutilizzare”.
Ma non gli fu più concesso di ritornare, molti infatti caddero durante la ritirata mentre chi sopravviveva veniva fatto prigioniero, destinati a finire nei campi di concentramento austroungarici o germanici come Mauthausen, Sigmundsherberg (Austria), Temesvari (Ungheria), Rastatt ecc.
Così accadde anche al 24° Reggimento della Brigata “COMO”, vennero intercettati presso Longarone (BL), dai soldati del Battaglione fucilieri da montagna Württenberg comandanti dal leggendario Erwin Rommel, allora Primo Tenente.
Il giovane Ufficiale a soli 26 anni; ma già dotato di straordinarie capacità militari e di una grande autonomia decisionale, riuscì in sole 52 ore di azione a travolgere cinque reggimenti, conquistare una decina di posizioni e catturare 5000 soldati e 150 ufficiali italiani.
Completò l’azione bellica catturando a Longarone, altri 10000 prigionieri, per tutto ciò gli venne concessa la Croce di Ferro di 1° Classe; verrà promosso Feldmaresciallo nella 2° Guerra Mondiale e diverrà la famosa “Volpe del Deserto”.
Quanto accaduto, ci costringe a rendere Loro il rispetto che si sono guadagnati, non era giusto mantenere nell’oblio le prove di tanto eroismo.
Le stufette sono i testimoni “oculari” della loro sofferenza e coraggio e del fatto che i soldati Italiani non sono scappati ma hanno fatto il loro dovere sino in fondo.
“Onore” a loro!
Dalle molte testimonianze di cui si è scritto e raccolte dai reduci della grande guerra, traspare sempre l’esigenza, su tutte le altre, superiore alla paura della morte “l’oblio”: la paura di essere dimenticati.
Ecco perché 44 poveri pezzi di ghisa, spaccati e sepolti, rinvenuti negli scavi dopo 100 anni sono divenuti i testimoni inconfutabili del valore di chi combatteva e degnamente, possono stare assieme alle stufette intatte, pari rinvenimenti, da esporre in ogni museo di guerra.
“PER NON DIMENTICARE”…
Sorge un ulteriore domanda: perché le stufette di guerra in ghisa dopo essere state maciullate in 44 pezzi sono state sepolte e nascoste sotto a sassi e terra? Non bastava farne rottami? ..No! non bastava, non a caso sono state sepolte, ai soldati italiani era noto che il ferro era “preziosissimo” per il nemico e quindi nasconderlo era importante, poiché era nota la carenza di materie prime di cui soffriva l’Impero Austroungarico.
quindi non lascio nulla al nemico ne’ la stufetta, ne’ il ferro per farne cannoni.
L’IMPORTANZA DELLE STUFE IN TRINCEA
Si moriva in un momento ma nella realtà, per 41 lunghi mesi i soldati, ragazzi di 18 anni, hanno dovuto sopportare per 24 ore al giorno: freddo, gelo, fango, neve, con l’unico sollievo, quando possibile, di un po’ di minestra calda e qualche volta, anche di un po’ di calore, donato dalla stufetta se accesa.
La legna od il carbone erano beni molto preziosi che costavano enorme fatica perché portati, esclusivamente, con l’uso di zaini sulle spalle per lunghe ore di cammino (dalle 7 – 10) per arrivare in alta montagna; non c’erano elicotteri, strade, funivie, auto, moto …tutto veniva portato a spalla.
Va sottolineato che la stufetta doveva fare il suo dovere, quale unico sollievo dalla sofferenza della guerra, all’aperto o al massimo in una povera baracca di trincea, non in una casa al riparo dei muri, richiedendo per questo un paio di zaini di legna ogni 24 ore; ma quale reparto militare poteva alimentare un fabbisogno così giornalmente?
LE STUFETTE DELLA GRANDE GUERRA ERANO DI PRODUZIONE CIVILE
L’Italia entrò in guerra il 24 maggio con scarsissime dotazioni ed, in particolare, con 520 mitragliatrici, troppo poche per poter sostenere una guerra su un fronte così vasto quindi, se non c’erano mitragliatrici, è del tutto evidente che, lo Stato Italiano non si poteva permettere l’acquisto di migliaia di stufe e di centinaia di tonnellate di legna e carbone.
Erano gli stessi Ufficiali o, soldati con qualche risorsa che, resesi conto del problema, chiedevano aiuto a casa facendosi inviare le stufette, tutte quindi di produzione civile, non si ha memoria, ad oggi, di produzioni militari in serie, tranne qualche acquisto sempre da fonderie per uso civile, come la nota stufa “maialina”.
Gli avversari se la passavano meglio? Gli austroungarici entrarono in guerra con 3.200 mitragliatrici “quasi sufficienti” per difendere il “Fronte”, ma, anche loro, con risorse troppo scarse per pensare all’acquisto di stufette per tutto l’esercito, unica eccezione, la fornitura di una stufetta pieghevole leggerissima in semplice lamiera di ferro, non coibentata, che doveva essere alimentata continuamente perché non teneva il calore, da subito in trincea, nei pochi luoghi in cui venne fornita si ritrova oggi ricoperta da un getto di cemento fatto a mano dai Kaiserjäger a coibentazione.
Dott. Tiziano Vanin
Ufficiale degli Alpini Venezia
Primo ritrovamento di 44 pezzi di stufa italiana rotta e sepolta:
Badiletto italiano in dotazione individuale al 24° Reggimento Fanteria, segato a mano prima di ritirarsi dal Comelico a causa della disfatta di Caporetto, rinvenuto nel 2015:
Secondo ritrovamento, sufetta NECA a 2 fuochi, restaurata:
Altri resti di stufe rotte, ritrovate a Tolmino e Caporetto:
Stufa "A Chitarra" restaurata, ritrovata in zona Cima Vallona, conquistata dal Battaglione Alpini "FENESTRELLE":
Stufa italiana detta "Maialina", forse l'unica di produzione militare:
Stufe austroungariche "Floreale" e a doppio fuoco, restaurate e donate da Alex Schobesberger:
Stufetta austroungarica pieghevole: