L’ALPINO DI FERRO

La guerra, la prigionia, il ritorno a casa.

È la storia di un uomo la cui unica ambizione è stata quella di servire la Patria, dimostrandosi sempre all’altezza di ogni situazione, attraverso un alto spirito d’iniziativa, doti di comando, ma, soprattutto, il proprio coraggio legato ad ogni azione.

È la stGiorgio Consiglio1oria di un giovane ufficiale alpino che combatté in Grecia, per poi, dopo l’8 settembre, essere deportato in Germania nel campo di Sandbostel e in Polonia nella Fortezza di Deblin “Fortezza della morte”.

Giorgio Consiglio viene ammesso nel 1941, all’età di 18 anni, presso la Regia Accademia di Modena per frequentare il corso ordinario di fanteria. L’8 aprile del 1943 è nominato Sottotenente in servizio permanente effettivo e assegnato al 2° Gruppo Alpini Valle, 9° Alpini, divisione Julia. Da volontario nell’agosto del 1943 viene inviato in Grecia dove, al comando della 286^ Compagnia del battaglione Val Pescara, partecipa a numerose e importanti azioni di guerra contro le forze greche. In particolare, presso la località di Domokos, salva un reparto germanico bloccato dalle forze nemiche e successivamente resiste con la propria compagnia, malgrado le gravissime perdite subite (105 caduti e 95 feriti), alla pressione costante delle forze greche, appoggiate da forze aeree e da artiglieria pesante. A seguito di tale episodio, viene decorato sul campo con la Croce di ferro di 1^ Classe.

L’8 settembre 1943, con l'annuncio dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile (Siracusa), firmato dal governo Badoglio, l'Italia, stremata dalla guerra, fu consegnata in mani straniere, americane al Sud, tedesche al Nord.

Giorgio Consiglio, malgrado le gravi ferite riportate in una precedente azione di guerra e un forte attacco malarico, abbandona l’ospedale, contro il parere dei medici, passa le linee tedesche e raggiunge il proprio reparto, impegnato in forti azioni di guerra.

Sempre alla testa della sua compagnia, si distingue per numerosi scontri con le truppe germaniche in Epiro, Albania meridionale e Macedonia.Consiglio2

In tale contesto, si offre volontario in ardite missioni, tra cui la distruzione del ponte di Perati, sul fiume Voiussa, realizzata con cariche esplosive fissate ai piloni. L’azione si svolge con la copertura di un nutrito fuoco di mitragliatrici e di un attacco fulmineo contro una postazione di arma automatica, in cui Consiglio riesce a neutralizzare i serventi.

Nel periodo successivo all’8 Settembre 1943 i reparti iniziarono la resistenza contro le truppe tedesche, attraversando un periodo complicato: in tre mesi, da settembre a dicembre 1943   ci furono perdite del 75% degli effettivi.

In questi frangenti Consiglio lotta con i tedeschi che intimano la resa e al grido di “Savoia”, con i resti della sua compagnia, ultima rimasta del reggimento ormai distrutto, si lancia in un disperato contrattacco. Dopo un feroce scontro all’arma bianca, cade al suolo privo di forze, ferito e stremato. Viene catturato e condotto davanti al plotone di esecuzione, dove con animo sereno e consapevole della sorte che lo aspetta, affronta l’imminente sventura.

Ma viene graziato in extremis dai tedeschi che, ammirati dal valore concedono ai superstiti l’onore delle armi, si rifiuta di collaborare per non mancare al giuramento prestato e accetta, sempre con animo sereno, la prigionia, orgoglioso di avere ottemperato al proprio dovere di soldato.

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Il periodo trascorso nei campi di concentramento, in Germania e Polonia, è un calvario fatto di duri anni di fame, privazioni e torture. Consiglio affronta tale periodo sempre con serenità  d’animo, senza mai piegarsi alle minacce e alle lusinghe; inoltre, rifiuta il rimpatrio subordinato all’adesione, sia pure formale, alla Repubblica di Salò, regime collaborazionista della Germania  nazista. Considerato dai tedeschi come elemento pericoloso per la Germania, è trasferito, insieme ad altri compagni, in un campo di eliminazione dove vi giunge in condizioni di salute precarie,  in conseguenza delle ferite non  curate e delle sofferenze subite.

Nel 1945 è liberato dalle truppe sovietiche, ma rifiuta di frequentare la scuola comunista di Mosca e, dopo alcuni mesi, riesce a fuggire riparando in Cecoslovacchia.

Giunto in Italia passa un periodo negli ospedali di Varese e Roma per recuperare dai problemi fisici, viene promosso tenente e prosegue la sua carriera fino all’iscrizione al Ruolo d’Onore;  successivamente   verrà posto nella riserva per infermità raggiungendo il grado di generale.

Nonostante tutte le avversità che ha passato “zio Giorgio” è sempre stato appassionato ed entusiasta della vita militare e particolarmente legato alla specialità alpina. Sapere delle sue  esperienze  mi ha sempre restituito l’immagine di un soldato che ha lottato con tutto sé stesso per la Patria e la libertà dei popoli. E forse non è un caso che anche il sottoscritto abbia trascorso  quarant’anni  di carriera  militare da ufficiale degli alpini.

La storia di Giorgio Consiglio è un minuscolo frammento di quel grande mosaico di soldati italiani, decorati per azioni di valore nelle guerre mondiali, eroi che hanno servito con onore e sprezzo del pericolo, distinguendosi ma senza accedere ai massimi onori, giustamente concessi ai caduti in guerra.

Scritto dal Colonnello Fabio CONSIGLIO