La Seconda Guerra Mondiale 1940-41

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale il Battaglione, unico reparto alpino presente in colonia, al comando del maggiore Luigi Peluselli viene inquadrato nella 65a Divisione di fanteria Granatieri di Savoia, come terzo Battaglione del 10° Reggimento Granatieri. Il Battaglione alpini comprende i reduci della guerra d’Etiopia e i richiamati delle classi 1900-1917 di Veneto, Abruzzo, Friuli, Liguria, Lombardia, Piemonte, provenienti da tutti gli 11 reggimenti alpini. Tenuto in riserva nella capitale di Addis Abeba minacciata da bande di sciftà, si schiera con la 1a compagnia dislocata a Erba, la 2a a Uollisò e la 3a a Uollenciti. Poi in ottobre è inviato con altri reparti coloniali a presidiare una vastissima zona lungo l’asse stradale diretto al fiume Omo Bottego. Dopo la perdita di Agordat e di Barentù, il 3  febbraio 1941 è trasferito in autocarro sul fronte Eritreo, il 4 è a Termaber, il 5 alla Piana del Gerà e Alomatà arrivando la sera a Dessiè, il 6 supera l’Amba Alagi giungendo a Mescic da dove il giorno successivo prosegue per Senafè. Ad Asmara giunge il giorno 8, la mattina del 9 arriva a Halib Mentel accampandosi sotto l’Agher Bacac e subendo un bombardamento aereo da parte inglese.

Viene disposta l’assegnazione del Battaglione come rinforzo alla piazza di Cheren, contro la quale è già in corso l’offensiva della 4a Divisione anglo-indiana, per svolgere compiti di interdizione contro gli inglesi che avanzano verso Asmara e garantire sicurezza alla difesa delle montagne attorno alla città del Bassopiano occidentale, fondamentale per la tenuta dell’intero dispositivo italiano.

Partenza colonna per Cheren

Il Comando del Settore nord dispone che il battaglione vada di rinforzo alle truppe che difendono Cheren dall’offensiva della 4a Divisione anglo- indiana. A sbarrare loro la via per l’Asmara non rimane che un gruppo montuoso che rinserra la piana di Cheren verso occidente e verso sud, ma durante la notte dell’11 gli inglesi riescono – con un’azione di forza – ad incunearsi fra il Monte Sanchil e il Monte Amba, occupando la cosiddetta Cima Biforcuta (Brig’s Peak) ed aprendo un varco nel nostro sistema difensivo di oltre un chilometro in linea d’aria.

Cima Biforcuta Uork Amba

A contrastare questa minaccia, interviene il Battaglione Uork Amba che, la notte seguente, effettua un deciso contrattacco, sbaragliando gli avversari. Scrive in proposito il maggiore Peluselli: «il battesimo del fuoco, momento cruciale per ogni compagine pronta alla lotta, fu superbamente superato dagli alpini. Benché investiti dal tiro delle armi automatiche e battuti in pieno dallo sbarramento delle artiglierie che causarono serie perdite ai reparti avanzati gli alpini non esitarono. Io stesso venni sbalzato contro una roccia dallo scoppio di una granata. Rialzatomi infuriato inveii contro il nemico e fra le tante cose dissi: vivo non torno, piuttosto la morte; chi era con me lo ricordò parecchie volte, e mi lanciai avanti seguito e oltrepassato dai miei valorosi alpini. Nel frattempo un gruppo di 18 arditi della 2a compagnia riusciva ad eliminare le postazioni delle mitragliatrici e conquistava la Cima Tre permettendo l’ulteriore avanzata. Un masso, una sella, una guglia dolomitica; un susseguirsi continuo di ogni difficoltà montana, un ripetersi per decine e centinaia di volte degli stessi inerti ma durissimi ostacoli della natura, resi più ostili dalle armi nemiche: tutto fu domato e travolto dagli intrepidi alpini che osarono e diedero oltre il possibile per mantenere fede al giuramento Vincere o morire. Dopo quattro ore di asprissima lotta, piena di superbi episodi di valore, il nemico e l’asperrima montagna erano finalmente domati». Le perdite del Battaglione ammontano a 80 alpini che vengono sepolti in un piccolo cimitero scavato fra le rocce della Cima Biforcuta. Qualcuno dei superstiti inchioda su di un asse una lamiera squarciata di una scheggia e su di essa scrive: Anima devota e patriota che giri lo sguardo su queste rocce sacre alla storia alpina, alza il pensiero alla misericordia divina, recita un requiem per gli eroici Caduti, figli del Battaglione Uork Amba. Il 24 febbraio gli alpini sono chiamati a difendere il sottosettore Panettone e vi rimangono fino al 4 marzo, passando poi al così detto sottosettore Peluselli che si svolge dal Monte Samanna al Monte Beit Gabrù per una lunghezza di oltre 4 km. Con loro ci sono due battaglioni coloniali, una batteria nazionale ed alcune sezioni di bombarde. Gli ascari sono molto provati ma l’immissione nelle loro fila di graduati alpini valse a ristabilire lo spirito combattivo, fiaccato da lunghi mesi di lotta difensiva. Anche qui i combattimenti sono durissimi e perdono la vita, fra gli altri, il sottotenente di complemento Bortolo Castellani, alla cui memoria viene conferita la MOVM1 e con lui anche il sottotenente Bruno Brusco2.

Allentatasi la pressione nemica nel settore tenuto dagli alpini, all’alba del 16 febbraio la 9a Brigata della 5a Divisione anglo-indiana riesce ad occupare la vetta di Monte Dologorodoc (stretta di Cheren), ed ancora una volta per riconquistare la posizione perduta sono chiamati gli alpini. Scrive in proposito l’allora tenente colonnello Peluselli: «Confesso che sul momento ebbi un moto di ribellione. Da 130 giorni non avevo avuto neppure per un’ora tutto il Battaglione riunito a mia disposizione. Da 45 giorni eravamo sbalestrati a destra e sinistra senza un’ora di riposo. Da 40 giorni i miei alpini erano stati sottoposti all’incessante fuoco nemico, avevano tenuto duro in una serie incessante di combattimenti accaniti, avevano turato molte pericolose falle, sofferto fame, sete e sonno. Da circa 60 ore combattevano accanitamente senza mangiare, bere, dormire. Se ero ancora vivo lo dovevo ad un miracolo. Il breve moto di dispetto cadde presto, vincendo subito il sentimento del dovere… Feci presente la situazione morale e materiale e… piansi: il Battaglione alpini ha bisogno almeno di qualche ora di riposo, non ne può più. Dovete credermi! Non so se gli uomini possono sopportare lo sforzo. Mi venne risposto: agli alpini si può chiedere anche l’impossibile!».

Al mattino del 15 marzo il Battaglione risulta alle dipendenze del Comando Settore Monte Amba e schierato nel settore difensivo destro da Monte Panettone escluso a Monte Beit Ghebrà escluso, insieme al V e VI Battaglione coloniale, con due compagnie in linea suddivise fra i coloniali per tenere alto il morale già scosso per le precedenti perdite e perché non troppo adatti per la difesa prolungata. Si ha così solo una compagnia di rincalzo come unica riserva del sottosettore. Alle ore 8 ha inizio il tiro delle artiglierie inglesi, preludio dell’ultima battaglia.

Foto Inglese Forte Dologorodoc

Verso le ore 10 il nemico inizia gli attacchi in diverse località su tutto il fronte e per quanto riguarda il Battaglione, sul sottosettore sinistro e sul Monte Samanna. La lotta dura, aspra e sanguinosa dura con alterne vicende fino a tutto il 17 marzo e termina senza varianti per il sottosettore dell’Uork Amba, essendo il nemico respinto con perdite ingenti, mentre il sottosettore sinistro ha dovuto retrocedere fino al Monte Amba.

Comando 1. pl 3 Cp Castellami e Barbisan

Durante l’estenuante lotta il tenente colonnello Peluselli interviene di iniziativa o per ordine del colonnello Olivetti a parare o modificare in nostro favore la grave situazione creatasi sulla sinistra dello schieramento. Il 17 marzo alle ore 12:30, mentre sono in corso gli ultimi scontri, il tenente colonnello Peluselli riceve l’ordine di far ripiegare il Battaglione Uork Amba ai piedi del Monte Amba e di recarsi personalmente dal generale Carnimeo. Date le disposizioni scritte e verbali del caso, chiarita la situazione al Console Gresele, che durante una piuttosto drammatica esposizione comunica al tenente colonnello Peluselli la perdita di Monte Dologorodoc e gli ordina di riprendere tale posizione.

Sulle pendici di cima 3

Nel frattempo gli alpini sganciandosi poco per volta raggiungono, stanchi ed affamati, la località di radunata e verso le ore venti il Comandante del Battaglione riesce ad avere a sua disposizione circa 500 uomini stante che gli altri circa 150, dislocati alla destra del sottosettore, non hanno ancora potuto, perché troppo esposti, sganciarsi dal nemico e che raggiungeranno le nuove posizioni solo il mattino seguente. Il trasferimento per la nuova località avviene parte con automezzi e parte a piedi raggiungendo il Comando del Settore Prina verso le ore 22, ove dopo aver avuto chiarimenti dallo stesso colonnello e prese le ultime affrettate disposizioni il tenente colonnello Peluselli parte per l’attacco del monte Dologorodoc che da 24 ore è in mano al nemico, spezzando la nostra linea e creando fra i due tronconi un varco di circa un chilometro. Il Battaglione Uork Amba inizia l’azione alle ore 23:30 e dopo breve ed aspra lotta vengono superati i primi reticolati e catturate le prime armi automatiche. Tutto sembra a nostro favore quando avviene l’imponderabile: la nostra artiglieria colpisce in pieno gli alpini dell’Uork Amba; i nostri reparti di destra dello schieramento di attacco (militari della P.A.I.) per errore sparano alle spalle degli alpini; il settore del monte Falestok alla sinistra non si muove permettendo agli inglesi di rimanere fermi sulla sinistra del Battaglione.

A mala pena gli alpini riescono a togliersi dalla sanguinosa trappola, ed arretrando, imbastire una linea di difesa a circa 600-700 metri dal monte Dologorodoc ove si dispongono i resti del Battaglione a chiusura del varco rimasto incustodito. Il giorno seguente, alle ore 17, giunge un nuovo ordine di attacco che dice fra l’altro: «Pur conoscendo le condizioni morali e materiali del Battaglione… l’Uork Amba, depositario delle glorie alpine in Africa, saprà essere d’esempio e guida ai reparti coloniali». Gli alpini scattano ancora una volta in avanti, ma devono arrestarsi per la violenta reazione di fuoco avversaria, facilitata dall’ottima visibilità.

Ascaro caduto a Cheren

Una casamatta sul M Sanchil

Lo sforzo si ripete all’imbrunire con eroica ostinazione, ma ferito il comandante di Battaglione, morti o feriti quasi tutti gli ufficiali e sottufficiali, il reparto è veramente allo stremo delle forze. Nella notte dal 18 al 19 vengono fatti altri tre attacchi al monte Dologorodoc: uno alle 18, uno alle 24:30 e uno alle 4:30; in questa occasione il tenente colonnello Peluselli rimane ferito alle ore 20 del giorno 18. Lascia la linea di fuoco al mattino del 19 alle ore 5 in seguito ad ordine tassativo del colonnello Prina. Viene ricoverato il 19 marzo all’Ospedale Militare n. 78 di Asmara e viene dichiarato prigioniero degli inglesi il 1° aprile 1941 al loro ingresso in città.

Alle ore una del 19 marzo, in seguito alla disperata richiesta del Comando di Cheren, il capitano Rodolfo Muller guida un quarto tentativo di assalto, ma ormai le posizioni britanniche sono inattaccabili. All’alba del 25 marzo viene ripresa l’offensiva britannica con un attacco a fondo contro i due versanti della stretta del Dongolaas, riuscendo infine a scardinare la resistenza italiana. I superstiti dell’Uork Amba contrastano ancora il passo agli avversari sulle pendici del monte Zeban, finchè il giorno dopo (26 marzo) il Comando Superiore italiano decide di porre fine ad ogni resistenza intorno a Cheren. Un centinaio di alpini e due ufficiali si sottraggono al la cattura con una marcia di tre giorni e tre notti sino a raggiungere Massaua. Qui il reparto è rinforzato da una novantina di alpini giunti diretta mente da Addis Abeba e posti al comando di alcuni ufficiali dimessi dagli ospedali, e ancora difendono la città attaccata in forze. Quando l’8 aprile 1941 anche Massaua cade, i superstiti vengono fatti prigionieri ed il Battaglione si considera quindi sciolto.

Pista stretta del Dongolaas

Trappola antiuomo sulle alture di Cheren

Così si conclude la gloriosa epopea del battaglione alpino Uork Amba che tiene le posizioni per 56 giorni, resistendo a soverchianti forze nemiche anglo-indiane, munita anche di mezzi corazzati. Su una forza complessiva di 21 ufficiali, 55 sottufficiali e 840 alpini, il Battaglione conta 323 caduti e 460 feriti; i superstiti sono 133 (2 ufficiali, 11 sottufficiali e 120 alpini). Il Battaglione viene proposto per la MOVM ma gli è concessa soltanto la MAVM3. La massima decorazione viene però conferita alla memoria di ben sette componenti il reparto, dalla sua costituzione alla tragica conclusione del conflitto.

Scritto da Vito ZITA

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[1] Il conferimento della MOVM, giunta tardiva solo nel 1947 (D.P.R. 25 maggio 1947), ha la seguente motivazione: “Alla testa del suo plotone, a cui aveva saputo infondere l’altissimo spirito del quale si sentiva animato, in un ardito attacco a posizione montana, ricacciava il nemico con numerosi personali assalti a bombe a mano, cooperando decisamente alla riconquista della posizione ed alla cattura di prigionieri. Benchè ferito e febbricitante, non abbandonava il reparto concorrendo, con indomito valore, a stroncare i furiosi contrattacchi nemici. Rinunciato ad altro comando che lo avrebbe allontanato dalla linea di combattimento e benchè febbricitante, partecipava ad una sanguinosa azione che durava varie ore, prendendo il posto dei vari ufficiali rimasti feriti. Volontariamente si offriva poi per riconquistare un posto avanzato, caduto in mano del nemico, e mentre trascinava i suoi uomini con superbo coraggio, cadeva colpito a morte. Magnifica figura di eroico combattente. Cheren (A.O.I.), 11 febbraio-16 marzo 1941.”

[2]Anche in questo caso il conferimento della MOVM è giunta tardiva, solo nel 1952 (D.P.R. 23 gennaio 1952) con la seguente motivazione: “Comandante di plotone fucilieri alpini, con l’esempio, perizia e coraggio concorreva all’occupazione d’importantissima e munita posizione montana, che teneva poi saldamente nonostante i ripetuti attacchi nemici. Pronunciatosi un forte attacco nemico, alla testa del proprio plotone partecipava ad una eroica e dura lotta di oltre due giorni concorrendo con il proprio esempio ed indomito coraggio a stroncare la baldanza nemica. Successivamente, benchè febbricitante, prendeva parte a nuova azione, riuscendo anche in tale occasione a dare prova di vero coraggio portando di slancio i propri uomini oltre i reticolati nemici. Benchè colpito ad un braccio, incurante di se stesso, sempre alla testa del suo plotone ed al grido di «Forza Alpini», li trascinava alla lotta a corpo a corpo col nemico sino a che colpito a morte cadeva eroicamente gridando «Viva l’Italia». Fulgido esempio di valor militare e di attaccamento al dovere. Cheren (A.O.), 11 febbraio-18 marzo 1941.”

[3] Questa la motivazione della MAVM conferita al Battaglione “Uork Amba” per i combattimenti di Cheren (D.P.R. 5 marzo 1949): "Durante aspra, prolungata battaglia contro preponderanti forze terrestri ed aeree, impegnato in successive critiche situazioni, si imponeva per elevato spirito guerriero tenendo testa, a costo di sanguinosi sacrifici, ad agguerrito avversario cui dava luminose prove di indomabile tenacia e valore" (Africa Orientale, 9 febbraio - 27 marzo 1941).